La battaglia dei sessi
Una guerra a smashate
di Giuliana Molteni •
United States 1973, amministrazione Nixon, l’uomo era già stato sulla luna ma a una donna ancora non erano concessi tutti i diritti degli uomini, faccenda sulla quale il (da tanti aborrito) femminismo stava muovendo decisi passi. Infastidendo moltissimo chi non ci credeva. Anche nello sport le cose non andavano benissimo e una donna atleta anche se vincente godeva di assai minore considerazione di un collega maschio e soprattutto (e non è poco) non percepiva i loro stessi compensi. Ragion per cui la tennista Billie Jean King, 20 anni, già vincitrice a Wimbledon e agli U. S. Open, era già entrata in polemica con la sua federazione, che trattava lei e le altre atlete con atteggiamenti paternalistici, quel tipo di indulgenza che si usa con i bambini capricciosi. Tutto prende corpo quando il tennista in disarmo Bobby Riggs, ex campione degli anni ’40 e accanito scommettitore, decide di scendere in campo di persona, organizzando una sfida “maschi contro femmine”, sfidando prima la campionessa in carica Margaret Smith Court, signora molto a modino, moglie e madre di cristiana famiglia, perché Billie rifiutava di buttarsi in un simile circo. Ma in seconda battuta non si nega e accetta la sfida stanca di subire battute e insulti da parte del campo avversario. La sfida ovviamente travalica il fattore sportivo e diventa simbolica di un momento storico. Quello che pochi sapevano, era che la giovane donna, regolarmente sposata con una civile persona (l’unico personaggio maschile decente della narrazione), stava vivendo anche un’altra grossa crisi a causa della sua omosessualità, che avrebbe dichiarato solo alcuni anni più tardi. Sui campi sportivi le cose sono cambiate, quanto alla dichiarazione delle proprie tendenze sessuali siamo ancora in alto mare e questo dovrebbe fare molto riflettere.
Ottimo il cast, con una Emma Stone fragile eppure determinata, dibattuta fra il desiderio di una vita “normale” e una passione per il gioco inestinguibile. Grande Steve Carell, che riesce perfino a rendere simpatico il suo personaggio, uomo dallo humor grossolano ma gran furbone quanto a comunicazione mediatica. Entrambi erano ben diversi dalla parte che recitavano in pubblico ma the show must go on, tutto doveva (e deve) diventare spettacolo. Ruoli marginali affollati di facce note, non solo gente come Alan Cumming, Bill Pullman,
Andrea Riseborough, Elisabeth Shue, Austin Stowell, ma anche tanti attori visti in molte serie tv di qualità, per i registi vera fucina di talenti in cui pescare con la sicurezza di un buon risultato. La battaglia fra i sessi è un film diretto senza voli pindarici da Jonathan Dayton e Valerie Faris, coppia di registi che, dopo anni di ottimi video, ha raggiunto la notorietà con Little Miss Sunshine e Ruby Sparks, e la sceneggiatura di Simon Beaufoy (Full Monty, The Millionaire, 127 ore, Everest) ha il merito di raccontare con efficacia una storia poco nota, dimenticata forse dai più anziani, ignorata dagli spettatori più giovani, esemplare di temi e mentalità che oggi sembrano marziani. Anche se a ciclo continuo vediamo che sotto sotto molte cose stentano a cambiare, vengono solo mascherate e non sbattute in faccia con tale smaccato maschilismo. Oggi impera il “politicamente corretto” e pochi oserebbero affermare (al di fuori dei “social”) che una donna deve starsene in cucina e in camera da letto, che non regge lo stress come un uomo o altre amenità del genere. Che poi lo pensino per davvero poco importa, perlomeno non se ne vantano.
Istruttivo con verve
7