L'ultima missione: Marchal firma MR73 la trilogia poliziesca di un profeta del noir
Piano Marchal.
Una trilogia sulla polizia per un ex poliziotto, feroce con la sua ex "famiglia" (inquietante la somiglianza del gergo delle divise con quello dei mafiosi) come solo un innamorato deluso può essere (vedi Oliver Stone e il Vietnam).
Dopo Gangsters e l'acclamatissimo 36, arriva MR73 (codice identificativo di una pistola e titolo originale, tradotto da noi con il banale L'ultima missione), apoteosi di corruzione, violenza e nichilismo del traumatizzato Olivier Marchal, profeta del nuovo noir francese. «A 22 anni, nel 1982, conobbi l'orrore vero, quello che ti ruba i sogni. E come molti altri flics, abbandonati dalle alte gerarchie, ne rimasi sconvolto».
Molti poliziotti cercarono consolazione nell'alcolismo, nella pazzia o nel suicidio, lui trovò il cinema. Per fortuna sua e nostra.
Si affida di nuovo a un Daniel Auteuil superlativo, distrutto dall'alcol e dai sensi di colpa per aver perso la figlia e, di fatto, anche la moglie in un incidente stradale mentre era a letto con il suo superiore (la commissaria, Catherine Marchal, compagna del regista). È lui il fulcro di due storie parallele: una giovane donna (Olivia Bonamy, impossibile non innamorarsene) alle prese con l'uscita per buona condotta del serial killer che ne massacrò i genitori e l'ultima missione di un angelo della vendetta e della morte con il distintivo.
Pur nella cura estrema di regia, recitazione e fotografia, il film è troppo lirico ed eccessivo, una catarsi personale tra momenti di grande cinema e altri di insopportabile eccesso.
Rimane però un grido di dolore vibrante e intenso, urlo sincero contro il Potere Costituito e corrotto.
Ad avercene noi di film " sbagliati" così.
(da "DNews")