Il cavaliere oscuro: La rivincita di Joker
Era prevedibile che pubblico e critica si sarebbero uniti in un coro unico a celebrare il talento prematuramente scomparso di Heath Ledger. Era scontato che questo avrebbe dato un'accelerata al box-office del nuovo capitolo cinematografico dedicato all'uomo Pipistrello, Batman - the dark knight. Così è stato: tutti vogliono l'Oscar postumo (come per Peter Finch in Quinto potere) per questo ragazzo che neanche ventinovenne è stato stroncato da un'overdose di farmaci, consolazione di un amore finito (Michelle Williams), uno lontano (la figlioletta) e del male interpretato forse troppo bene e troppo a fondo.
Dopo avere visto il film, tutto questo sembra persino riduttivo. Batman - II cavaliere oscuro è un capolavoro, senza se e senza ma, e il giovane Heath è forse il migliore cattivo di sempre, il più struggente, sensibile, affascinante e crudele.
In Italia sbarca in 640 sale, in America ha stabilito tutti i record assoluti possibili (155 milioni di dollari alla fine del primo week-end, 67,8 il primo giorno, 18,5 al primo spettacolo di mezzanotte, battendo i capitoli precedenti, Spiderman 3 e Guerre Stellari).
Batman non è consolatorio, è uno schiaffo all'America di Rudolph Giuliani e dei neo-con, quella bacchettona e della tolleranza zero, ipocrita e corrotta in tutti i suoi gangli di potere, dalla politica alle forze armate. Il suo supereroe più controverso vive a Gotham City, metropoli che sembra un incrocio tra New York, Detroit e Chicago (si è girato in quest'ultima), fotografata per la prima volta con realismo e ferocia, anche grazie all'IMax, risoluzione che consente un'ottica più epica e potente. «È una tragedia greca moderna – afferma il regista Christopher Nolan – sono tutte figure mitiche che servono, però, a dirci chi siamo, cosa stiamo diventando».
Nolan è chiaramente figlio dell’ultima generazione dei Bat-maniaci, quelli cresciuti a pane e Frank Miller, ma all'iperrealismo di questo sostituisce un intimo minimalismo, evidente già nello scarso uso degli effetti speciali come nel presentarci spesso il protagonista Christian Bale (Bruce Wayne/Batman) tumefatto, combattuto, depresso.
Ma soprattutto perdente. Una spalla ideale per tutti i coprotagonisti – idea narrativa geniale, aiutata dal talento di questo grande giovane attore – e soprattutto della sua nemesi Joker. «Mentre io e mio fratello Jonathan sviluppavamo lo script ci siamo chiesti come le azioni di un singolo potessero influenzare quelle di un'intera popolazione e in che modo potessero destabilizzarne l'equilibrio, i principi, la fede nella giustizia. L'anarchia e il caos credo siano la minaccia più grande dei nostri tempi».
Difficile non riconoscere l'attualità di un paese e una civiltà allo sbando, contraddittoria, che sta perdendo il senso profondo della democrazia e della giustizia, che alla morale preferisce il moralismo. Difficile non farsi sedurre dal populista idealista Harvey Dent (Aaron Eckhart) - figura archetipica della politica e dell'immaginario Usa - nonostante la sua ingenua purezza precipiti verso una trasgressione continua delle regole, scritte e non, per raggiungere la giustizia, o quella che reputa tale.
Persino Batman, a cui Harvey ha "rubato" la scena e la fidanzata, lo apprezza, dice di lui che è «un eroe, e non ha neanche bisogno della maschera».
«Il mio personaggio – spiega Eckhart – incomincia la sua missione pieno di entusiasmo e passione, in un certo senso vorrebbe essere Batman ma non può». E, trovata romantica e geniale, vale anche il contrario. «La speranza che Dent rappresenta per la città si trasforma però in disperazione».
Tutti perdono in questo ultimo capitolo, della saga della De Comics, non c'è catarsi né consolazione come negli altri cinefumetti, il superomismo è demolito e ridicolizzato dallo stesso Joker, che impietosamente risparmia la vita al nemico dicendogli «siamo due freaks, siamo uguali. Non ti posso uccidere, ci completiamo».
Troppe verità per un pubblico americano che finora ha sempre punito chi è stato troppo sfacciato da raccontargliele (si pensi a Paul Haggis, Sean Penn, Gus Van Sant). Ora, forse è pronto, ora c'è questo gioiello da storia del cinema, in cui tutti danno il meglio di sé (basta osservare il livello tecnico del film e quello dei comprimari: Maggie Gyllenhal, Michael Caine, Gary Oldman, Morgan Freeman).
Idealismo e abisso, ecco gli ingredienti di un capolavoro. Batman è stoico, (in)sofferente, rabbioso, consumato dall'odio e dagli amori mai vissuti. Joker è un diabolico utopista - «questa città merita criminali migliori» - un folle irresistibile, un male fragile e crudele, ma implacabile.
Altro che favola dark.
(da "Liberazione")